Trompe l'oeil

 

 

         Il termine è francese, ( ‘trompe l'oeil’- ‘inganna l’occhio’, pronuncia “tromp’ l’eil”), si riferisce al gioco spesso presente di elementi dipinti che sembrano reali, e risulta pertanto riduttivo. La pittura di vaste proporzioni sulle pareti di un vano è un’ operazione che possiede tutta la complessità della pittura da cavalletto e,  nota fondamentale, diviene operazione di architettura vera e propria.

         La rappresentazione di un paesaggio campestre o silvano, di una prospettiva urbana, di una marina, difatti annulla la parete su cui è realizzata, dilatando lo spazio verso un orizzonte ideale, percepito tuttavia in una sua propria realtà.

         La prospettiva fa scendere l’occhio sulle figure di mezzopiano, per giungere a posarsi sugli oggetti dipinti in primo e primissimo piano, con il senso di sorpresa che l’osservatore riceve progressivamente.

         Elegante può essere l’uso della monocromia, là dove non si desidera un protagonismo eccessivo del dipinto, l’utilizzare tutta la gamma di sfumature su un unico colore, un fresco azzurro grigiastro, un avorio caldo, un verde spento riposante.

         Un trompe l’oeil può essere il momento dove l’animo può percorrere luoghi più suoi, immaginari ma non per questo meno reali. Un voler evadere? Forse, ma, come dice Elemire Zollà, bisogna distinguere la fuga del disertore da quella del prigioniero.

 

trompe l’oeil

 

 due preesistenti archi nella parete hanno offerto un suggerimento per inquadrare il dipinto. Un paesaggio campestre, in lontananza gli uliveti sul mare, ricordo del Brindisino, luogo d’origine della committente. Sull’orizzonte si riconosce invece il monte Faito, la penisola sorrentina e Capri, accenno ai trascorsi interessi musicali partenopei del committente.

         Il cielo sembra alludere a vari momenti della giornata, vi è il chiarore inquieto di un’alba, l’azzurro di un pomeriggio, il blu profondo degli ultimi momenti della sera.

         Sul finto parapetto in marmo, che muta la stanza in un’ideale terrazza aperta, un telo di morbido e pesante tessuto vela e filtra la veduta del paesaggio, quasi a proteggere un intimità, e qui Amore gioca intricandosi nel panno. E’ il suo eterno gioco del nascondersi e svelarsi.

         Il dipinto è animato dalla presenza della civetta, delle farfalle, la lucertola, un gattino dall’espressione attenta.

         Da un arco una fronda verde ed un arbusto secco, gioia e amarezza della vita, sui conci di chiave degli archi i monogrammi dei committenti, su di essi due anfore in terracotta che portano a rilievo l’ariete e lo scorpione, i loro bei segni zodiacali.

         Avvicinandosi si scoprono alcuni insetti, una ragnatela, piccoli oggetti. Sul davanzale una conchiglia continua a ricordare il mare, un dado da gioco la casualità della vita, una mela rossa con l’impronta del morso la caducità della Fortuna.

         Il volume del Pascoli, ‘Miricae’, seminascosto dal panno, firma la poetica del dipinto.