ILLE MI PAR ESSE DEO - UN DIO MI PARE
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Saffo |
Ille mi par esse deo videtur, Ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi: nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi <vocis in ore>. Lingua sed torpet, tenuis sub artus fiamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte. Otium, Catulle, tibi molestum est, otio exultas nimiumque gestis; otium et reges prius et beatas perdidit urbes.
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Catullo |
Parmi quell’huomo eguale essere à i Dei, qual diritto à te siede, E dolce ragionar ti sente, e vede Rider soavemente. Questo à me il cor nel petto batte, e fiede: Perché mentre mi sei Opposta, si che con questi occhi miei Ti vegga immantinete, Non ho à voce formar virtù possente; Ma impedita la lingua muta viene, E sottil fuoco presto Passami per le vene. Perdon l’ufficio gli occhi di mirare, L’orecchie d’ascoltare. Gelo è il sudor, tutta tremante resto. Più c’herba secca di pallor dipinta, Priva di spirto, assembro quasi estinta.
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Giovanni Andrea dell’Anguillara (1572)
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Contento al par de’ Numi Parmi colui, che siede Incontro a’ tuoi bei lumi Felice spettator; Che sparse le tue gote Talor d’un riso vede, Ch’ode le dolci note Del labbro tuo talor. Al riso, a’ detti usati Il cor, che s’innamora, Fra i spiriti agitati Non osa palpitar. Veggo il tuo vago aspetto E alle mie fauci allora Non somministra il petto Voce per favellar. Tenta la lingua invano D’articolar parola, Corre un ardore insano Di vena in vena al cor. Un denso velo il giorno Alle mie luci invola; Odo confuso intorno, Ma non so qual rumor. Largo sudor m’inonda, Spesso tremor m’assale, Al par d’arida fronda Comincio a impallidir, Sì nelle membra fredde Langue il calor vitale, Che a me vicin rassembra L’istante del morir
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De’ Rogati (1782)
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Colui mi sembra agli alti Dei simile Che teco siede, e sì soavemente Cantar t’ascolta, e in atto sì gentile Dolce ridente. Com’io ti veggio, palpitar mi sento Nel petto il core, in quel beato istante Non vien più suono d’amoroso accento Sul labbro ansante. Muta s’intrica la mia lingua: accensa Scorre ogni vena, ronza tintinnio Dentro gli orecchi; notte alta s’addensa Sul guardo mio. Sudor di gelo le mie guance inonda. Fremito assale e abbrivida ogni membro, E senza spirti, pallida qual fronda Morta rassembro.
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Ugo Foscolo (1790)
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Quei parmi in cielo fra gli Dei, se accanto Ti siede, e vede il tuo bel riso, e sente I dolci detti e l’amoroso canto! - A me repente Con più tumulto il core urta nel petto: More la voce, mentre ch’io ti miro, Sulla mia lingua: nelle fauci stretto Geme il sospiro. Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo: Un indistinto tintinnio m’ingombra Gli orecchi, e sogno: mi s’innalza al guardo Torbida l’ombra. E tutta molle d’un sudor di gelo, E smorta i viso come erba che langue, Tremo e fremo di brividi, ed anelo Tacita, esangue.
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Ugo Foscolo (1821)
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Gli dei per fermo agguaglia, anzi si gode Gaudio più che divin quei che sedente Al tuo cospetto te rimira ed ode Dolce ridente. Che se l’alta ventura unqua mi tocca D’esserti appresso, o mio soave amore, Non io ti guardo ancor, che sulla bocca La voce muore. Fassi inerte la lingua, il pensier tardo, Un sottil fuoco va di vena in vena, Fischian gli orecchi, mi s’appanna il guardo E veggo appena. Un gelido sudor tutta m’inonda, Mi trema il cor, rabbrivida ogni membro, Mancami il fiato, e pallida qual fronda, Morta rassembro.
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Paolo Costa (1823)
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Pari agli Iddii sembrami l’uom che a fronte Siedati, e ’l guardo entro lo sguardo fiso, Dolce parlar t’oda vicin, soave- mente ridendo. Ecco a me in seno violento batte, Battemi ’l core, e ’n rimirarti a pena Stretta la voce entro le fauci muore, Torpe la lingua. Foco leggier sotto la pelle serpe Ratto, ed un velo a le pupille scende; Non vedo più: confusamente ronza Fischio a l’orecchie. Freddo sudor largo mi scorre; e tremo Tutta; e più d’erba arida, smorta sono; Ed a morir quasi vicina, parmi Manchi lo spiro.
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Felice Cavallotti |
A me pare simile a Dio quell’uomo, quale e’ sia, che in faccia ti siede, e fiso tutto in te, da presso t’ascolta, dolce- mente parlare, e d’amore ridere un riso, e questo fa tremare a me dentro al petto il core; ch’ai vederti subito a me di voce filo non viene, e la lingua mi s’è spezzata, un fuoco per la pelle via ch’è sottile è corso, già non hanno vista più gli occhi, romba fanno gli orecchi e il sudore sgocciola, e tutta sono da temore presa, e più verde sono d’erba, e poco già dal morir lontana, simile a folle.
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Giovanni Pascoli |
Beato è, come un dio, chi davanti ti siede e ti ode, e tu dici dolci parole e dolcemente sorridi. Subito mi sobbalza, appena ti guardo, dentro nel petto il cuore, e voce più non mi viene e mi si spezza la lingua, e una fiamma sottile mi corre sotto la pelle, con gli occhi più niente vedo, romba mi fanno gli orecchi, sudore mi bagna e tremore tutta mi prende, e più verde dell’erba divento e quasi mi sento, o Agallide, vicina a morire.
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Manara Valgimigli |
Come uno degli Dei, felice chi a te vicino così dolce suono ascolta mentre tu parli e ridi amorosa. Subito a me il cuore in petto s’agita sgomento solo che appena ti veda, e la voce si perde sulla lingua inerte. Rapido fuoco affiora alle mie membra, e ho buio negli occhi e il rombo del sangue alle orecchie. E tutta in sudore e tremante come erba patita scoloro: e morte non pare lontana a me rapita di mente. |
Salvatore Quasimodo |
Ille mi par... par esse deo videtur Ille si fas... est superare divos Ille mi par par esse deo videtur. Ille si fas est superare divos. Sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem misero quod omnis eripit sensus mihi... Nam simul te te Lesbia aspexi nihil est super mihi tum quoque vocis lingua sed torpet... Tenuis sub artus fiamma demanat sonitu suopte... Par esse deo videtur... Tintinnant aures gemina teguntur lumina nocte.
Mi pare un dio quello che siede accanto a te. occhi negli occhi, dolcemente tu ridi... Ed io mi sento morire, se ti guardo io, al mio cuore la voce manca... |
Luisa Zappa |