Erri De Luca e la bibbia
il traduttore ed il commentatore di quelle antiche storie
Lo strano panorama
Non è felice infatti il panorama delle tante pubblicazioni che trattano della bibbia, che in uno schema (polemico e arrabbiato, superficiale e approssimativo) così classificherei:
- Le pubblicazioni scientifiche: quelle delle riviste specialistiche e quelle dei libroni monografici. Il loro limite è che seguono e insistono sulla particolarissima tendenza del momento o della scuola a cui appartengono. Certo dietro ciascuno di questi lavori c’è sempre uno studio poderoso ma l’impressione è che grosse impostazioni di base siano (non scientificamente) date per certe e (non onestamente) celate. Gli autori sono sia religiosi che laici. I migliori lavori paiono essere quelli di origine cattolica. Quelli di origine protestante hanno in genere l’ansia propria di quelle culture: lì la bibbia è la parola di Dio ed è l’unica parola di Dio, in quanto non viene ammessa né una santa tradizione né l’ispirazione di una chiesa. La “protesta” originaria era contro il potere della cattedra di Pietro, ma sempre chi esce dalla porta rientra dalla finestra, e sin dall’inizio si ebbero chiese che erano comunque repliche della chiesa di Roma con tutto l’apparato di gerarchie e di nuove sante tradizioni. Lo studioso protestante in genere è autore di studi serissimi e di alto valore scientifico, che tuttavia, dopo analisi ineccepibili, inevitabilmente verso la conclusione ripiegano verso la soluzione unica di tutte le ipotesi. Più libero invece lo studioso di confessione cattolica, ortodossa o ebrea, che crede nella tradizione della sua chiesa o dei suoi padri, tradizione che sa essere indipendente dalla bibbia, e che non ha difficoltà quindi a concludere lasciando aperte più soluzioni, considerandole tutte vere o verosimili. A fronte di ebrei e ortodossi bisogna ammettere una superiore indipendenza di metodo nello studioso cattolico, a patto che i temi trattati non sfiorino alcune questioni etiche introdotte (per la prima volta in duemila anni) da papa Woityla; in tal caso egli è costretto ad acrobazie dialettiche per quadrare il circolo.
- Le
pubblicazioni didattiche: quelle che si rivolgono a un vasto pubblico. Qui le
variazioni possono essere le più impensabili. Ci sono le pubblicazioni con
intenti (dichiarati o malcelati) di predicazione religiosa, libricini di
atmosfera devozionale e pietista, libriccioli di stile
brillante-allegro-sdolcinato per i giovani (quale tipo di giovani?), tutti
preoccupati di attualizzare e trasmettere messaggi di non si sa quale speranza e
soprattutto ad estrarre ricette etiche. Ciò che maggiormente impressiona è il
numero elevato di tali pubblicazioni, alle quali corrisponde un numero
corrispondente di lettori. Inutile dire della vuotezza di tali libri. Messi
insieme sulla bilancia essi valgono meno che un soffio. Eppure nella grande
maggioranza dei casi questi autori non sono mossi da malizia. Quasi sempre sono
mossi da desideri sinceri di far bene. Ravasi descrive un fenomeno tipico e
ricorrente in questi autori, quello di voler trovare in ogni passo della bibbia,
a tutti i costi, l’amore di Dio per l’uomo. Lo dice con parole gentili, “un
voler cercare il macrocosmo nel microcosmo di un brano biblico”, mettendo in
secondo piano o tralasciando del tutto il contenuto del brano. Non è difetto da
poco, in quanto questo atteggiamento è un non leggere il testo. Le
interpretazioni sono spesso volte più ad esprimere idee personali dell’autore
che il contenuto del testo. Poi c’è una categoria che definirei dei “laici
arrabbiati”. Autori anche seri che tuttavia indulgono molto sul sensazionale,
più precisamente sulle loro nuove (secondo loro) interpretazioni di passi
biblici di sensazionale portata.
Infine c'è la mole del sempre redditizio filone magico-ispirato-semi-esoterico dei vari Cohelio e la assai simile mole dei romanzi di autori anticlericali e americaneggianti colla solita minestra di complotti del Vaticano e tesori archeologici. - C’è un resto,
per fortuna c’è sempre un resto. È difficile qui citare nomi, bastino solo
quelli notissimi di Erri De Luca appunto e di Gianfranco Ravasi. Questi non è un laico, è un prete, che
tuttavia ospita ampiamente e fruttuosamente la meditazione laica dell’arte,
passata e contemporanea, arte letteraria, figurativa, musicale. Non è raro nei suoi scritti imbattersi in citazioni
come per esempio la seguente, una straordinaria bellissima preghiera atea tratta
da Hemingway:
“Oh Dio, ti prego,
cerca di esistere,
almeno un poco!”.
Per escursioni come questa viene criticato di modernismo o di originalismo ostentato. Ravasi è un grande divulgativo, riesce a trasmettere i risultati migliori degli studi scientifici in uno stile accessibile e appassionante. Suoi limiti alcune scelte nelle parole delle sue traduzioni e la visione spiritualistica delle cose propria della cultura occidentale greco-latina, che lo porta a forzare alcune interpretazioni. Dice per esempio che gli antichi Israeliti e la loro lingua sono incapaci di astrazione, come a dire che essi avrebbero voluto scrivere cose più "celesti" ma ne erano impediti. Molto bello il suo testo sul Cantico dei Cantici, l’unico che riesce a cogliere tutta la pienezza sensuale a dispetto anche di tanti commentatori laici. Ad esempio vi è un libro sul Cantico di un tale Guido Ceronetti, un laico, stupidamente aggressivo, che vuole riscattare il testo da interpretazioni chiesastiche e puritane. Ma tolta tutta la crosta polemica, l’autore fallisce proprio nel suo intento dichiarato, quello di cogliere e raccontare la sensualità del poema, cosa finora riuscita solo al prete Ravasi appunto. Tutto questo per dire come sia divenuto strano e difficile il panorama della letteratura biblica. Gli scaffali delle librerie sono pieni purtroppo di immondizia, il lettore sensibile che vorrebbe approfondire ha due possibilità: lasciar perdere o essere disposto a cercare nel letamaio le perle.
* Gianfranco Ravasi, Cantico dei Cantici, edizioni Mondadori, Milano 1996 (1987)