Spiritualità del canto gregoriano
Alle origini della tradizione musicale occidentale si pone il repertorio Gregoriano atto di avvio ufficiale del cammino che ha accompagnato le civiltà colte attraverso venti secoli di musica. Al di là dell’intrinseco valore artistico e del profondo significato convenzionale, recuperare il Gregoriano è un po' come andare alla ricerca delle proprie radici storiche; è un viaggio nel passato pieno di fascino e di sorprese, che permette di indagare su un momento culturale ricco di stimoli e di ritrovare la condivisa e profonda eredità spirituale che lo caratterizza.
L’abitudine di comprendere con il termine di canto Gregoriano tutta la tradizione monodica antica, religiosa e per sole voci, è frutto di una generalizzazione che ha contribuito a celare tracce importanti di evoluzione. Oggi, in un clima di ricerca musicologica sottratta ai condizionamenti ideologici postriformistici, è possibile, e necessario chiarire la posizione storica e il significato poetico complessivo di questo repertorio: per una migliore comprensione estetica e una corretta valutazione sociale.
Far luce sul canto Gregoriano significa innanzitutto ripercorrere l’itinerario storico che l’ha favorito. Cronologicamente parlando bisogna riferirsi ai primi secoli dell’era cristiana : quando il cammino apostolico dei Padri della Chiesa, approdato al centro dell’Impero Romano, è costretto a confrontarsi con una situazione estremamente complessa e articolata che vedeva la coesistenza di popoli diversi, ciascuno con lingue e tradizioni proprie L’organizzazione della nuova confessione religiosa e la costituzione del conseguente apparato chiesastico, favorì lo sviluppo di un repertorio di musiche e tesi.
Si tratta di un primo corpus liturgico, non ancora espressione completamente originale, inteso come naturale ed efficace completamento dell’ecumenica missione evangelizzante, capace in qualche modo di unificare il nascente mondo cristiano in nome delle idealità autentiche che portava con sè. Nelle cerimonie dell’antica Chiesa romana risuonavano musiche e testi (il greco Kyrie eleison ad esempio) influenzate dai tipi di canto dell’Oriente e ancora fortemente ancorate ai modi musicali preesistenti, spesso pagani. Attraverso stratificazioni successive si svilupparono espressioni musicali differenziate, legate a particolarismi locali, che conobbero momenti di significativa vivacità creativa: il Canto gallicano (nella zona francese), mozarabico (nell’attuale Spagna), ambrosiano (nei territori che facevano capo a Milano), sono alcuni fra i tanti repertori delle celebrazioni liturgiche cristiane che si svilupparono in concomitanza con il canto romano antico, o paleoromano, della capitale. In questa fase storica, dunque, non esisteva una liturgia omogenea accompagnata da un’unica tradizione musicale. Occorre pertanto sfatare la leggenda, perpetuata nei secoli con evidente legittimatorio ( Papa Gregorio fu il riformatore del culto cristiano: disegnò l’anno liturgico e provvide alla redazione dei testi dei primi Antifonari ) , secondo cui Gregorio sarebbe stato l’inventore del canto che da Lui avrebbe preso nome.
L’apocrifa attribuzione si diffuse ovunque a partire dalla biografia del Santo redatta tre secoli dopo da Giovanni Diacono, arricchita da aneddoti e di leggende che consegnarono ai posteri l’immagine agiografica di Papa direttamente ispirato da Dio nell’arte compositiva . Una testimonianza eloquente è costituita dal fiorente repertorio iconografico che contemplava l’immagine di Gregorio seduto in cattedra e insignito delle vesti pontificali nell’atto di dettare ad uno scriba le melodie che lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, gli suggeriva all’orecchio.
Senza dubbio il pontificato di Gregorio segnò un momento importante nella storia della Chiesa, soprattutto riguardo il riordinamento dei testi del repertorio cultuale, ma per nulla inerente alla musica, dal momento che la notazione ( cioè i primi metodi di scrittura musicale )
nacque più di due secoli dopo: gli esempi più antichi compaiono in Musica Enchiriadis, trattato anonimo del IX secolo . Le ricerche musicologiche, avvalorate dallo studio delle fonti musicali e dal loro confronto con i dati storici, hanno accreditato l’ipotesi che il Canto cosidetto Gregoriano avesse avuto origine dalla fusione - avvenuta in epoca Carolingia, verso la fine del secolo VIII - fra il repertorio antico Romano e il Gallicano, a seguito delle vicende che portarono alla creazione del Sacro Romano Impero.
Il nuovo canto, come la nuova fisionomia politica dell’ Europa, fù imposto d’autorità soppiantando gli altri repertori. Una eccezione fù rappresentata dall’Ambrosiano che rimase in vita, circoscritto all’antica area arcivescovile di Milano ( una vasta zona che comprendeva la regione lombarda , con esclusione di Monza , fino ad alcune valli del Canton Ticino, e con prolungamenti verso i territori limitrofi di Piacenza e Vercelli ) proseguendo il proprio cammino parallelamente al canto “ufficiale ” e mantenendo fino ad oggi la propria autonomia.
All’interno della liturgia - considerata nei due ambiti paralleli corrispondenti alla celebrazione della Messa e alla recita collettiva dell’Ufficio - il repertorio nuovo si consolidò in formule, modi esecutivi, stili di canto atraverso un incessante processo di stratificazione e di trasformazione graduali, avvenute soprattutto nei monasteri (famosi quelli di San Gallo, Einsiedeln, Nonantola, Fulda, Tours, Montecassino, Corbie), centri attivissimi oltre che di pratica teologica e devozionale quotidiana, di studio, di trascrizione e di inesausta dedizione alla musica. I generi di monodia liturgica, cioè la melodia e l’innodia (destinati all’Ufficio), e i canti della Messa (raggruppati a seconda della natura dei testi in Ordinarium Missae e Proprium Missae) nel momento in cui furono assegnati ad esecutori professionisti, accentuarono il proprio contenuto estetico-musicale.
Varietà di forme, di tecniche esecutive, di stili melodici (dal sillabismo ai più liberi e stupefacenti disegni melismatici, passando attraverso tutta una serie di sfumature intermedie) fanno del Canto Gregoriano un repertorio ricchissimo, in continua proliferazione, interessante e affascinante per il rapporto strettissimo che lo lega al testo sul quale modella il proprio andamento ritmico, ricalcandone il significato mistico e spirituale di orazione cantata. Si realizza, così, in ambito musicale, una dimensione religiosa saldamente ancorata al mistero originario del Verbo in cui la parola (verbum, appunto) era motore ideologico e polarizzante di fede difeso ad oltranza.
Custodito all’interno di scuole specializzate, il Canto Gregoriano venne dapprima tramandato oralmente, quindi codificato con la nascita della scrittura musicale e preservato da infiltrazioni musicali estranee, come gli spunti musicali di carattere profano. Il passare dei secoli non ne intaccò la purezza, l’integrità, il significato. Al secolo scorso risale un’effettiva opera di ripristino, promossa dai Benedettini dell’Abbazia di Solesmes. Nell’intento di riportare alla vita una tradizione, si ricerca il patrimonio autentico, se ne tenta un’interpretazione, il più possibile vicina alla purezza e alla semplicità dell’originale.
Da 20 anni il gruppo corale “ Schola Gregoriana Mediolanensis ” diretto da Giovanni Vianini, contribuisce, con i suoi 60 cantori, alla valorizzazione del patrimonio gregoriano, con servizi liturgici, registrazioni, trasmissioni radio televisive, concerti; un’attività ben organizzata e costante per mantenere vivo e attuale il canto della chiesa, Bibbia in Musica, canto della Parola di Dio, linguaggio dell’ineffabile, canto che unisce le Nazioni e le generazioni umane.
di Giovanni Vianini - direttore del coro Schola Gregoriana Mediolanensis
Da 20 anni il gruppo corale “ Schola Gregoriana Mediolanensis ” diretto da Giovanni Vianini, contribuisce, con i suoi 60 cantori, alla valorizzazione del patrimonio gregoriano, con servizi liturgici, registrazioni, trasmissioni radio televisive, concerti; un’attività ben organizzata e costante per mantenere vivo e attuale il canto della chiesa, Bibbia in Musica, canto della Parola di Dio, linguaggio dell’ineffabile, canto che unisce le Nazioni e le generazioni umane.